Contro l’ondata di calore, sacrificare delle cagne rosse

Tradotto dal francese


La morsicatura della canicola… Dettaglio del sarcofago della caccia al cinghiale e ai cervi, metà del IV secolo, Arles-Alyscamps, Museo Dipartimentale Arles Antique, (Foto MG).

Le ondate di calore stanno attraversando l’Europa. Anche nell’antichità i Romani hanno conosciuto periodi soffocanti durante l’estate. Hanno chiamato questo periodo di intenso calore con una parola latina che ancora usiamo: canicula.

La storia della canicola inizia tra le stelle. Più di 3000 anni fa, una costellazione colpì gli astronomi babilonesi. Per una buona ragione: in questa nube di stelle si trova la più luminosa.

Mentre i Babilonesi vedevano in queste stelle un arco e una freccia, i Greci, alcuni secoli dopo, pensavano di riconoscere la forma di un grande cane. Non uno qualsiasi, però: a volte identificato come Sirius, uno dei molossi del cacciatore Orione; altre volte come Laelaps, compagno della dea della caccia Artemide, dato in successione al re di Creta Minosse, alla bella Procri e poi a Cefalo, re di Atene. Alla fine, Laelaps, che aveva il dono di correre due volte più velocemente della sua preda, sarebbe stato trasformato in una costellazione da Zeus.

Dal grande cane alla piccola cagna

I Romani adottarono la storia della costellazione del Grande Cane, Canis Major. Ma distinguevano anche nelle vicinanze un’altra formazione celeste più piccola. Le due stelle più luminose di queste costellazioni vicine portano ancora oggi i nomi dei cani di Orione: Sirio e Procione[1].

Nell’epoca romana, Sirio aveva la particolarità di sorgere e tramontare contemporaneamente al sole, tra il 22 luglio e il 22 agosto circa, in coincidenza con il periodo di afa.

Come indica il suo nome in greco, Procione precedeva Sirio nel cielo, annunciando così le future ondate di calore.

Cave caniculam!

Il globo di Matelica, un oggetto astronomico del 1° o 2° secolo (foto MG).

Ma quale connessione c’è con la parola latina canicula da cui deriva la nostra “canicola”? Torniamo al punto ascoltando le spiegazioni – un po’ tecniche – del naturalista Plinio il Vecchio:

“Dal solstizio d’estate fino al tramonto della Lira, Orione sorge, secondo Cesare, il 6 delle calende di luglio (il 26 giugno); il 4 delle none (il 4 luglio), la sua cintura sorge per l’Assiria, e in Egitto, il torrido Procyon sorge al mattino; questa costellazione non ha un nome tra i Romani, a meno che non vogliamo intendere Canicula, come è rappresentata tra le stelle; è di grande importanza, come diremo.”[[2]

Se tutto ciò vi pare confuso, eccovi un riassunto. La costellazione identificata dai Romani, vicina al Grande Cane, Canis Major, ma più piccola, è nient’altro che Canicula, che in latino significa “piccola cagna”. E il suo arrivo nel cielo non preannuncia nulla di buono.

L’autore poco conosciuto Igino, che visse ai tempi di Augusto, racconta anche una storia piuttosto oscura di questa piccola cagna mitologica.

Il mito di Icario, Erigone e Maera

Secondo lui, si chiamava Maera ed era di proprietà di Erigone, figlia dell’ateniese Icario, a cui Dioniso aveva insegnato l’arte della viticoltura. Mentre Icario cercava generosamente di trasmettere la sua conoscenza vinicola ai pastori, venne ucciso da questi ultimi sotto l’effetto dell’ebbrezza. Maera urlò di dolore e andò a cercare la sua padrona. Quest’ultima, scoprendo suo padre assassinato, si impiccò. Ulteriori urla della cagna che, dalla disperazione, si gettò da una scogliera.

Gli dei, irritati da tanta tragedia, punirono i colpevoli con vari tormenti e innalzarono al cielo le vittime: Erigone divenne la costellazione della Vergine, Icario quella del Bovaro, e Maera fu assimilata alla costellazione della Piccola Cagna, alias la Canicola.[3]

Canis Major, nello Specchio di Urania di Jehoshaphat Aspin. Londra. 1825.

Come proteggersi dal caldo?

Tuttavia, l’arrivo nel cielo di Maera non è stato considerato un buon presagio per gli esseri umani. Plinio elenca alcune piaghe causate dall’onda di calore:

“Chi non sa che l’ascesa della Canicola intensifica i raggi del sole? È la costellazione che fa sentire sulla terra gli effetti più potenti: quando sorge, i mari si agitano, il vino bolle nelle cantine, le paludi si muovono. Gli Egiziani chiamano orice un animale che, secondo loro, si trova di fronte a questa costellazione quando sorge e la guarda come se la adorasse, dopo aver starnutito. È almeno indubbio che i cani sono molto più esposti alla rabbia durante tutto questo periodo.”[4]

Per proteggersi dagli effetti devastanti dell’onda di calore, una mente romana pensa immediatamente a una soluzione: un sacrificio per placare gli dei. E quali migliori vittime in questa circostanza che delle cagne rosse[5] il cui colore del pelo ricorda l’ardore del sole?

Plinio e alcuni rari autori parlano di questa cerimonia sacrificale volta a allontanare le catastrofi legate al calore eccessivo e proteggere i raccolti, l’augurium canarium. Si dice che il rito fosse praticato all’inizio dell’estate, alla porta Catularia situata a ovest del Campidoglio[6].

Compagni degli uomini prima ancora che esistesse la scrittura, utilizzati come compagni di caccia e guardiani, come animali domestici e pastori, i canidi erano così mal ricompensati dai Romani per i loro servizi: che vita da cane!

[1] Sirius, σείριος in antico greco, significa “ardente, ardente”; e Procyon, προκύων, “cane che si porta avanti, abbaiatore”.

[2] Plinio il Vecchio, Storia Naturale, XVIII, 48 (268): Ab solstitio ad fidiculae occasum VI kal. Iul. Caesari Orion exoritur, zona autem eius IIII non. Assyriae, Aegypto vero procyon matutino aestuosus, quod sidus apud Romanos non habet nomen, nisi caniculam hanc volumus intellegi, hoc est minorem canem, ut in astris pingitur, ad aestum magno opere pertinens, sicut paulo mox docebimus.

[3] Igino, Favole, 130. Icarios et Érigone

[4] Plinio il Vecchio, Storia naturale, II, 107: Nam caniculae exortu acendi solis vapores quis ignorat? cuius sideris effectus amplissimi in terra sentiuntur: fervent maria exoriente eo, fluctuant in cellis vina, moventur stagna. orygem appellat Aegyptus feram, quam in exortu eius contra stare et contueri tradit ac velut adorare, cum sternuerit. canes quidem toto eo spatio maxime in rabiem agi non est dubium.

[5] Festus p. 358,27 sotto Rutilae canes.

[6] Digital Augustan Rome, Porta catularia.

In più

Prima pubblicazione agosto 2023, riproduzione vietata


Altri articoli del blog Nunc est bibendum


 

error: Le contenu est protégé