Tradotto dal francese
Attenzione se ci si strofina contro: può causare gravi ustioni alla pelle. La pianta di cui stiamo parlando, ruta graveolens, è di reputazione ambivalente, ma comunque molto apprezzata dai popoli antichi. Con le sue foglie verdi finemente tagliate, a volte con riflessi bluastri, e i suoi piccoli fiori gialli, forma graziosi arbusti che abbondano nelle regioni del Mediterraneo. Emette una sostanza che reagisce alla luce del sole, da cui il rischio sopra menzionato. Ma questo non è l’unico motivo di diffidenza.
Consumata in grandi quantità, la ruta provoca violente contrazioni addominali. Questa proprietà è stata talvolta utilizzata per provocare gli aborti, dalla notte dei tempi fino all’alba del XX secolo. Ma la violenza della procedura portava spesso a emorragie e alla morte della donna. Si dice che una delle figlie dell’imperatore Tito (79-81), Giulia Titi, sia morta in seguito a un aborto forzato con la ruta.[1] Quel che è certo è che Plinio il Vecchio, all’inizio della nostra era, era a conoscenza degli effetti della pianta e metteva in guardia i suoi lettori:
“Bisogna fare attenzione che le donne incinte non consumino questa pianta.”[2]
Si dice che questa pericolosità l’abbia fatta sparire dai giardini all’inizio del XX secolo, e forse anche che sia stata formalmente vietata in alcuni paesi contemporaneamente all’assenzio.[3]
Un odore penetrante
Va detto che, in un certo senso, la ruta da ella stessa un avvertimento: il suo odore penetrante le è valso il termine francese fétide[4] e il suo sapore è molto amaro. Tanto da aver ispirato una parabola a Cicerone. Parlando di un personaggio sgradevole, scrisset:
“Per combattere la sua ruta (piccantezza) ho bisogno del poleggio (dolcezza) delle tue parole.”[5]
Il poleggio è una varietà di menta.
Questo per quanto riguarda l’accusa. Ma anche la ruta ha argomenti in nsuo favore.
Innanzitutto, il suo forte odore è stato usato fin dall’antichità come repellente per ogni tipo di parassita. Palladio (V secolo) raccomandava di usare la ruta per proteggere le colombaie, “appendendo rami in molti punti”.[6] E circa otto secoli prima, Aristotele riferiva che una donnola, prima di attaccare un serpente, mangiava prima la ruta, il cui odore è detestato dai rettili.[7]
Non è tutto: la pianta – assunta in piccole quantità – possiede anche virtù medicinali. Secondo Plinio, “la ruta è una delle medicine più efficaci”.[8] Segue un elenco impressionante di virtù. È buona contro i veleni e i funghi velenosi (certamente inducendo il vomito), ma anche contro le punture di scorpioni, ragni e calabroni, e i morsi di serpenti e cani rabbiosi. Migliora la vista e allevia il mal di testa e la tosse… L’elenco dei benefici è infinito e sarebbe noioso riprodurlo tutto..
Un mistero a Pompei
Passiamo quindi all’ultima ma non meno importante qualità della ruta. La pianta era molto utilizzata nella cucina romana, in tutte le sue forme: fresca (viridis) o essiccata (arida), in mazzi (fasciculus), le sue bacche (bacae), i suoi semi (semina)… Catone ne testimonia l’uso già nei primi secoli della Repubblica. Cita la ruta in una ricetta per l’epityrum (l’antenato del paté di olive).[9] Nel I secolo, anche Columella usa la pianta in questa ricetta, così come nella preparazione del moretum, un formaggio fresco a base di erbe.[10] Apicio inserisce la ruta in ben cento ricette.
La pianta ha lasciato la sua impronta anche sui muri di Pompei, in un’iscrizione enigmatica:
“Colui che odiava la ruta mangiava la polenta d’orzo”.[11]
Se si tratta di una metafora, il significato ci sfugge. In mancanza di qualcosa di meglio, ecco due possibili interpretazioni. Poiché la ruta è molto apprezzata e viene utilizzata in molti piatti, chi non la gradisce deve accontentarsi del più semplice dei pasti, la polenta d’orzo. Oppure, più prosaicamente, la ruta è un repellente per i parassiti, che la odiano ma divorano il grano…
Se vi viene un’idea più convincente, non esitate a farcelo sapere!
[1] Ma per quanto ne sappiamo, non esiste alcuna fonte antica che confermi questa storia.
[2] Plinio, Storia naturale, 20, 143 : praecovendum est gravidis abstineant hoc cibo.
[3] La ruta e l’assenzio sono tornati sugli scaffali delle piante aromatiche dei vivai dopo un secolo di ostracismo.
[4] In realtà, l’odore è forte, ma non sgradevole per tutte le narici.
[5] Cicerone, Lettere agli amici, 16, 23, 2 : ad cujus rutam puleio mihi tui sermonis utendum est.
[6] Palladio, I, 24, 3 : Ruta ramulos plurimis locis oportet contra animalia inimica suspendere.
[7] Aristotele, Storia degli animali, IX, 7: Ἡ δὲ γαλῆ ὅταν ὄφει μάχηται, προεσθίει τὸ πήγανον· πολεμία γὰρ ἡ ὀσμὴ τοῖς ὄφεσιν. Plinio riprende la storia per sé, Storia naturale, 20, 132: simili modo contra serpentium ictus, utpote cum mustelae dimicaturae cum his rutam prius edendo muniant se.
[8] Plinio, Storia naturale, 20, 131 : In praecipuis autem medicaminibus ruta est.
[9] Catone, L’agricoltura, 119, 7.3.
[10] Columella, 12, 49, 9 et 12, 59, 1.
[11] C.I.L 4986 : Ruta(m) qui oderat tisana(m) edeba(t).
Giugno 2024, riproduzione vietata
Altri articoli del blog Nunc est bibendum