Tradotto dal francese
Ecco una parola che ha riscosso un grande successo. Prima tra un pugno di archeologi e storici, poi sui media e nelle parole di tutti gli appassionati di antichità romana. Il thermopolium è diventato il paradigma del fast food alla romana, un concetto che avrà un’ulteriore spinta quando nel 2020 aprirà al pubblico un nuovo superbo locale a Pompei, appena uscito dai lapilli. Anche il sito ufficiale del parco archeologico usa questo termine, affermando che nella città distrutta dal Vesuvio sono stati trovati finora ben 89 thermopolia.[1]
Cio nonostante, ci sono degli scettici dei thermopolia che si conestano questa versione.
Già nel 2007, Nicolas Monteix, docente di storia e archeologia romana, affermava che era “assurdo utilizzare quello che probabilmente è solo uno scherzo per descrivere le imprese pompeiane del I secolo d.C. Il thermopolium appare quindi come un’invenzione strettamente moderna nella letteratura archeologica; il suo uso dovrebbe quindi essere definitivamente abbandonato”.[2] Cosa che, come abbiamo visto, non è avvenuta, anzi.
Nel dicembre 2020, in occasione della scoperta sopra citata, Mary Bird, storica britannica, lamentava in un post sui social: “Un super (“nuovo”) snack-bar sta per aprire al pubblico a Pompei. Uno scavo brillante, ma che purtroppo dà una seconda vita alla parola thermopolium (“snack-bar caldo”). Lo troviamo (per scherzo?) alcune volte in Plauto, ma NON come erano chiamati di solito (taberna o popina)”[3]
Va notato che ciò che viene messo in discussione non è l’esistenza di fast-food caldi per i ceti più bassi e della popolazione, ma solo il termine usato per descriverli.
Vediamo questo termine, che è composto da due radici greche: thermos (θερμός), caldo, e poleo (πωλέω) vendere, ma inesistente nella lingua greca classica.[4]
La parola compare solo nell’opera di Plauto, uno scrittore comico latino nato a metà del III secolo a.C. E anche in questo caso, le occorrenze si contano sulle dita di una mano! Il dizionario Gaffiot ne elenca quattro, ciascuna in una commedia diversa. Vediamole.
Un impostore?
La prima possibilità sembra essere sbagliata. Nel Pseudolo (Pseudulus), il protagonista immaginato da Plauto si interroga sul carattere di un’altra persona: è capace di gentilezza? Il suo interlocutore risponde:
“Gli chiedi vino di mirra, vino d’uva dolce, vino speziato, vino di miele, dolci di ogni genere. Ha persino iniziato ad aprire un negozio di liquori nel suo grembo”.[5]
Ma quest’ultima parola non è, almeno nella versione attestata, thermopolium, bensì pantapolium, letteralmente un luogo dove si vende di tutto, un bazar. La parola non si trova altrove ed è certamente un’invenzione di Plauto, anche se non l’unica, come vedremo.
Alla taverna di Nettuno
In La gomena (Rudens), i personaggi in mare si lamentano di Nettuno, fornitore di bagni freddi:
“Non ha nemmeno allestito un povero negozio di bevande calde (thermopolium); di conseguenza offre una bevanda così salata e così fredda!”[6]
Greci con una cattiva reputazione
La terza occorrenza compare in Gorgoglione (Curculio). Il protagonista critica alcuni greci dall’aspetto losco, avvolti in lunghi mantelli nei quali nascondono oggetti e si coprono la testa, presumibilmente schiavi fuggiti…
“… li si vede ubriacarsi a qualsiasi ora del giorno nel cabaret (thermopolium); dopo aver rubato qualcosa, corrono, con la testa fasciata, a berlo caldo, e poi camminano gravemente, gli ubriachi: se qualcuno mi viene incontro, gli tiro fuori dalla pancia un peto di polenta d’orzo”[7]
Quando si tratta di criticare i greci, l’invenzione della parola thermopolium, di origine greca, ha perfettamente senso.
Schiarirsi la gola con il vino caldo
La commedia Le tre monete (Trinummus) ha come protagonista uno schiavo, Stasimus, che si spinge a tornare subito a casa del suo padrone, per non essere picchiato:
“Accelera, affrettati; è già passato molto tempo da quando sei uscito di casa. Se sei assente quando il tuo padrone ti chiama, stai attento, ti prego, che i colpi di pelle di toro non si abbattano su di te. Non smettere di correre. Vedi, Stasimo, che razza di buono a nulla sei; e non è forse vero che hai dimenticato l’anello al cabaret (thermopolium) dopo esserti sciacquato la gola con il vino caldo?”[8]
Questo passaggio è interessante per vari motivi. Conferma che i locali di strada erano frequentati da popolani e schiavi come Stasimo. Plauto si diverte a usare una parola snob ed erudita, thermopolium, per descrivere ciò che tutti gli altri chiamavano popina, o taverna, o cabaret. Nella stessa frase, l’autore inventa un verbo che è un hapax nella letteratura latina, thermopotare, bere vino caldo o inumidirsi l’esofago con esso (gutturem).
Al termine di questo piccolo tour, la causa sembra essere chiara… La prossima volta che sarete a Pompei, non mancate di visitare le numerose popinae, ma evitate di cercare i thermopolia, altrimenti sarete derisi dagli spiriti locali.
[1] Sito web di Pompei, pagina Thermopolium.
[2] Nicolas Monteix, “Cauponae, popinae et thermopolia, de la norme littéraire et historiographique à la réalité pompéienne”, in Lorenza Barnabei, Marie-Odile Charles-Laforge, Contributi di archeologia vesuviana, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2007, pp. 117-125.
[3]Mary Bird su Twitter il 27 dicembre 2020: «Gt (‘new’) snackbar to open to public in Pompeii.Brilliant excavation, but sadly giving lease of life to word ‘thermopolium’ (‘hot snack bar’).Found (as joke?) couple of times in Plautus, but NOT what they were usually called (which was taberna or popina)»
[4] D’altra parte, troviamo “thermopotès” (θερμοπότης): chi beve caldo, e “thermopotis” (θερμοποτίς): tazza per bevanda calda.
[5] Plauto, Pseudolus, 2, 4, 52 (742): Rogas? Murrinam, passum, defrutum, mellam, mel quoivismodi; quin in corde instruere quondam coepit pantopolium.
[6] Plauto, Rudens, 2, 6, 45 (529): Ne thermipolium quidem ullum ínstruit, ita salsam praehibet potionem et frigidam.
[7] Plauto, Curculio, 2, 3, 13 (292) : …quos semper videas bibenteis esse in thermipolio; ubi quid subripuere, operto capitulo calidum bibunt; tristeis atque ebrioli incedunt: eos ego si obfendero, ex unoquoque eorum crepitum exciam polentarium.
[8] Plauto, Trinummus, 4, 3, 6 (1013): adde gradum, adpropera. iam dudum factumst, cum abiisti domo. Cave sis tibi, ne bubuli in te cottabi crebri crepent, si aberis ab eri quaestione. ne destiteris currere. Ecce hominem te, Stasime, nihili: satin in thermipolio condalium es oblitus, postquam thermopotasti gutturem?
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- Articolo Le fastfood, le resto et le tripot
Febbraio 2024, riproduzione vietata
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