Una dieta da maratoneta

Legionari in marcia con le loro sarcine e il cibo trasportato su bastoni. Rilievo della colonna Traiana (foto Wikimedia).

Un legionario romano, in un giorno in cui l’esercito era in movimento, poteva consumare più di 4000 calorie, solo camminando, trasportando l’equipaggiamento e svolgendo le attività quotidiane, come costruire e tutelare un accampamento[1]. Va da sé che i soldati non avevano spesso la possibilità di nutrirsi di cibi prelibati o di piatti cucinati a lungo, anche se l’esercito romano era molto ben organizzato. Questi forniva ai soldati razioni di cibo che dovevano bastare diversi giorni: olio, sale, vino, carne e soprattutto grano, l’alimento di base. Quest’ultimo era facile da elaborare e forniva gran parte delle calorie necessarie. Mescolata con acqua o latte, veniva preparata rapidamente una semplice farinata, condita e arricchita con tutto ciò che si aveva a disposizione, un po’ come il porridge. Naturalmente, tutto questo appesantiva la sarcina (lo zaino).

Questi stessi cereali potevano anche essere trasformati in torte, cotte direttamente sul fuoco, o anche su un elemento metallico riscaldato dal sole (e perché non sulle parti metalliche di uno scudo)[2].

Con l’aiuto di un piccolo forno portatile in ceramica, chiamato clibanus, posto sul fuoco, era persino possibile cuocere il pane, migliorando così un po’ la vita quotidiana. Per farlo, era necessario macinare i cereali, grazie a piccole macine che venivano trasportate dalle legioni. Gli archeologi hanno trovato anche griglie portatili, perfette per cucinare altri cibi.

Clibanus (autore della foto sconosciuto).

Ma probabilmente ne servivano di più per compensare i chilometri percorsi, fino a 40 al giorno. Il legionario doveva anche nutrirsi con ciò che trovava lungo il suo cammino, ad esempio prodotti freschi raccolti, acquistati o talvolta rubati nelle campagne che attraversava.

Nonostante ciò, si presume che i legionari fossero spesso denutriti, senza che questo riducesse troppo le loro prestazioni, come avviene oggi per alcuni atleti di alto livello. Anche la loro dieta, poco varia, deve aver portato a delle carenze. Insomma, non si entrava nella legione per ingordigia.

Qualche secolo prima, Aristofane, il famoso poeta comico greco, prendeva in giro l’alito (e persino l’odore) dei soldati [3], scrivendo che spesso mangiavano formaggio e… cipolle.

Trigeo: (…) Che dolce viso! Che soave olezzo di riposo e di mirra in cuor m’infondi!

Ermete: Sembra quello del sacco militare?

Trygeo: D’un uggioso mortale io l’uggiosissimo… cesto aborrisco, che sí acuto lezzo spira di rutti di cipolle!

[…]

Coro:  Che giubilo, che giubilo, finirla con le buffe, con le cipolle e il cacio! Non godo io, no, di zuffe! Ma con gli amici starmene vo’ presso il fuoco invece, gli asciutti ceppi ardendovi, d’està sbarbati; e il cece, la faggiòla, su la bracia arrostire; ed alla Tracia accoccar baciozzi, quando si sta mògliema lavando!

I legionari romani avevano un alito migliore dei loro predecessori greci?

La scienza non ha ancora una risposta a questa domanda…

[1] Fornaris et Aubert, Le légionnaire romain, cet athlète méconnu, Histoire des sciences médicales, tome XXXII, 1998.

[2] Vedi la voce AVREI nel nostro page sur les recettes antiques.

[3] Aristofane, La pace, v. 359 et sqq, poi 1128 et sqq, (testo completo in greco, testo completo in italiano)
Τρυγαῖος: (…)
ὦ χαῖρ᾽ Ὀπώρα, καὶ σὺ δ᾽ ὦ Θεωρία. οἷον δ᾽ ἔχεις τὸ πρόσωπον ὦ Θεωρία, οἷον δὲ πνεῖς, ὡς ἡδὺ κατὰ τῆς καρδίας, γλυκύτατον ὥσπερ ἀστρατείας καὶ μύρου.
Ἑρμῆς:
μῶν οὖν ὅμοιον καὶ γυλιοῦ στρατιωτικοῦ;
Τρυγαῖος:
ἀπέπτυσ᾽ ἐχθροῦ φωτὸς ἔχθιστον πλέκος. τοῦ μὲν γὰρ ὄζει κρομμυοξυρεγμίας,
[…]

Χορός: ἥδομαί γ᾽ ἥδομαι κράνους ἀπηλλαγμένος τυροῦ τε καὶ κρομμύων. οὐ γὰρ φιληδῶ μάχαις, ἀλλὰ πρὸς πῦρ διέλκων μετ᾽ ἀνδρῶν ἑταίρων φίλων, ἐκκέας τῶν ξύλων ἅττ᾽ ἂν ᾖ δανότατα τοῦ θέρους †ἐκπεπρισμένα†, κἀνθρακίζων τοὐρεβίνθου τήν τε φηγὸν ἐμπυρεύων, χἄμα τὴν Θρᾷτταν κυνῶν τῆς γυναικὸς λουμένης.


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