I Saturnali davano agli schiavi le ali

Saturno tenendo una falce nella mano destra, Casa dei Dioscuri, Museo archeologico di Napoli.

Le case e le strade sono il teatro un’esplosione di gioia: la folla esce a formare cortei festosi, i servi sono serviti dai loro padroni, possono criticare le persone autorevoli senza paura. Cessano il lavoro e tutte le attività pubbliche. Nelle case, decorate con ghirlande di agrifoglio, vischio ed edera, si organizzano feste e banchetti. Si scambiano doni: gioielli, statuette, portafortuna e dolci. I bambini sono particolarmente coccolati e ricevono anche piccole somme di denaro. La gente si riunisce anche per mangiare una torta in cui è nascosto un fagiolo. Colui che la trova viene designato “Re del banchetto” e può dare pegni agli altri ospiti…

Natale? Epifania? Carnevale?

No, ma la festa romana dei Saturnali (Saturnalia), che li ha preceduti e ispirati.

I Saturnali si svolgono dal 17 dicembre in poi, pochi giorni prima del solstizio d’inverno. La durata dei festeggiamenti è variata nel tempo: nel I secolo a.C., all’epoca di Cicerone, era di una settimana. Dopo i Saturnali, c’era la celebrazione delle Sigillaria, celebrazione durante la quale piccole statuette di terracotta che venivano vendute, scambiate, offerte ed esposte. Santoni prima del tempo.

Con queste celebrazioni di fine anno ci si preparava alla notte più lunga dell’anno, ma si festeggiava anche il ritorno dell’allungamento delle giornate e quindi, simbolicamente, la vittoria della luce sulle tenebre, le primizie del futuro raccolto.

In un testo che ha come ambientazione la festa dei Saturnali, l’autore del IV secolo Macrobio fa discutere i suoi personaggi sulle origini della festa, che si dice risalga a molto prima della fondazione di Roma.

Racconta che Giano, il dio bifronte che regnava allora nel Lazio, aveva accolto Saturno, cacciato dal cielo da Giove. Giano aveva imparato dal suo ospite l’arte dell’agricoltura e della preparazione del cibo. Giano e Saturno regnarono insieme in un’età d’oro pacifica e felice, in cui non esisteva la schiavitù e non si commettevano furti.

In origine, Saturno era visto come un dio della semina, talvolta rappresentato con una falce. Il suo nome deriva dalla parola latina sator, il seminatore.

Poi Saturno scomparve e Giano istituì i Saturnali per onorarlo.

Su un asso del II secolo a.C., una testa di Giano bifronte («con due facce») e una prua di nave.

“Giano fu anche il primo a battere moneta;”,

dice Macrobio,

“e in questo segnò anche il suo ossequio a Saturno: poiché quest’ultimo era arrivato in una barca, fece rappresentare da un lato la sua testa e dall’altro una nave, per trasmettere la sua memoria ai posteri.”[1]

A riprova della veridicità di questa storia, che Ovidio aveva già raccontato circa 400 anni prima[2], Macrobio fa notare che ai suoi tempi si lanciava ancora una moneta, dicendo capita aut navia, “teste o navi”, secondo le figure che ornavano le facce di certe monete…

Il 17 dicembre, quindi, la folla di Roma si riversò nel tempio di Saturno, nel Foro, ai piedi del lato orientale del Campidoglio. La statua del dio fu spogliata delle catene di lana che la legavano per il resto dell’anno. Un sacerdote, a capo scoperto, procedeva a compiere un sacrificio. La folla gridava:

IO SATURNALIA!

Durante questa festa, in memoria dell’età dell’oro di Giano e Saturno, l’autorità dei padroni sugli schiavi veniva sospesa, l’ordine sociale invertito in modo parodico e temporaneo. Gli schiavi avevano il diritto di parlare e di agire, erano liberi di criticare le mancanze dei loro padroni e potevano persino essere serviti da loro. I tribunali e le scuole erano chiusi. Il lavoro degli umili era sospeso per qualche giorno.

Questo spiega senza dubbio l’immensa popolarità dei Saturnali all’epoca… e il fatto che alcune caratteristiche della festa si siano perpetuate fino ai giorni nostri.

[1] Macrobio, Saturnalia, I, VII, 22 : Cum primus quoque aera signaret, servavit et in hoc  Saturni reverentiam, ut, quoniam ille navi fuerat advectus, ex una quidem parte sui capitis effigies, ex altera vero navis exprimeretur, quo Saturni memoriam in posteros propagaret. Aes ita fuisse signatum hodieque intellegitur in aleae lusum, cum pueri denarios in sublime iactantes capita aut navia lusu teste vetustatis exclamant.

[2] Ovidio, I Digiuni, I.


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