Nome da paura: garum

Tradotto dal francese


Mosaico raffigurante un urceus (bottiglia di garum) romano, Pompei, Casa di Aulus Umbricius Scaurus (Foto Wikimedia commons).

Il suo nome detto così mette già paura: garum. Ed i suoi ingredienti possono sembrare un po no-future o per lo meno rock’n roll.

Il garum era un condimento contenente il quinto sapore (né salato, né dolce, né acido, né amaro), quello che i Giapponesi chiamano Umami (saporito) e che si trova nella salsa di soia, in alcune salse a base di alghe e nel brodo di pollo. Oggi i prodotti che più si avvicinano al garum sono il nuoc-mâm vietnamita o il surströmming svedese.

Ebbene, i Romani usavano il garum come esaltatore di sapidità in quasi tutti i loro piatti. Compresi i piatti dolci, come sosteneva Apicio, cuoco dell’imperatore Tiberio.

Sale, sole e tempo

La sua composizione? Qui servono appunto uno stomaco forte e uno spirito rock’n’roll. Per fare il garum occorrevano le viscere di pesci grandi, pesci piccoli interi e molto sale. Questi tre tipi di ingredienti venivano alternati in strati successivi in un’anfora aperta o in un grande tino esposto al sole. Venivano mescolati di tanto in tanto e lasciati macerare. Il sale impediva la putrefazione e il tempo faceva il suo lavoro. Sì, perché ci voleva tempo per fare un buon garum.

Il liquido del garum (il liquamen) veniva estratto attraverso un filtro e messo in piccole anfore per essere commercializzato. Le prime estrazioni erano, senza dubbio, le più raffinate.

“Rovinoso pus sanguinolento di pesce marcio”

Resti di una fabbrica di garum nella città romana di Baelo Claudio, Tarifa, provincia di Cadice, Spagna (foto Wikimedia commons).

Già durante la Repubblica, ma ancor più dall’epoca degli imperatori, questo strano condimento – almeno le annate migliori – era venduto a caro prezzo. E le zone di produzione erano famose un po’ ovunque: a Pompei, la più vicina a Roma, ma anche nelle attuali Giordania, Tunisia, Marocco, Portogallo e Spagna. Infatti, il miglior garum (garum sociorum), prodotto con tonno rosso, proveniva dalla Betica, la provincia romana della Spagna meridionale che corrisponde all’incirca all’attuale Andalusia.

Sebbene questo commercio sembrasse piacere alla maggior parte delle persone e contribuisse in parte alla ricchezza di Roma (si dice che abbia facilitato la conquista della Gallia), aveva anche i suoi detrattori. Il filosofo e commediografo Seneca, sorta di Perpetua con 18 secoli di anticipo, lo descriveva in questi termini: “Non sai che il garum sociorum, quel rovinoso pus sanguinolento di pesce marcio, consuma lo stomaco con la sua putrefazione salata?”[[1]

Forse non sbagliava del tutto. Secondo il dottor Piers Mitchell dell’Università di Cambridge, questa salsa a base di pesce non freschissimo poteva contenere un verme parassita. In poche parole, il garum poteva smuovere le viscere molto meglio di un brano di rock’n’roll.

[1] Seneca, Lettera 95 (§25): Illud sociorum garum, pretiosam malorum piscium saniem, non credis urere salsa tabe praecordia? (sănĭēs, ēī, f., sangue corrotto, sania, pus, umore).

Sources

Pubblicato per la prima volta nell’ottobre 2021, modificato nel novembre 2023. Riproduzione vietata


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