Version en français: Lentilles à Nouvel An, chance toute l’année!
Le lenticchie sono state coltivate fin dalla nascita dell’agricoltura in Mesopotamia, circa 10.000 anni fa. Con le loro ricche qualità nutrizionali (in particolare l’alto contenuto di proteine), questi semi di leguminose sono stati un alimento base per tutti i popoli antichi: egizi, ebrei, greci e romani. Conosciamo la storia biblica di Esaù che, tornato affamato alla tenda di famiglia, baratta la sua primogenitura con un piatto di lenticchie[1].
Ma le lenticchie non placano solo la fame. Plinio il Vecchio ne sottolinea le virtù curative: guariscono l’ulcera di ogni tipo e assicurano un temperamento uniforme a chi le mangia[2].
Sostituto della carne per i poveri, le lenticchie sono spesso disdegnate dai ricchi… Probabilmente non è un piatto abbastanza raffinato per Apicio, che ne dà solo tre ricette[3].
Sia essenziali per la vita degli antichi che troppo comuni per essere considerate, le lenticchie sono intrise di un simbolismo complesso e ambivalente
Sono associati al lutto e al dio degli inferi, Plutone per i Romani. Tuttavia, questo nome divino è di origine greca e significa “il ricco” (Πλούτων), poiché vegliava anche sulle ricchezze del sottosuolo, sull’oro e su altri metalli preziosi… Inoltre, la forma (e talvolta il colore) delle lenti ricordava le monete.
Anche i Romani avevano l’usanza di regalare un sacchetto di lenticchie al solstizio d’inverno come portafortuna, simbolo di fertilità, abbondanza e ricchezza.
Questa tradizione è stata mantenuta sulle rive del Mediterraneo, ad esempio in Provenza, dove i semi vengono fatti germogliare e i germogli adornano le tavole.
Ma è soprattutto in Italia, ed in particolar modo nel nord della penisola, che le lenticchie hanno mantenuto la loro aura di buon auspicio: sono inmancabili alla cena di San Silvestro o al pranzo di Capodanno, spesso servite con il cotechino o lo zampone.
Come dice il proverbio: Lenticchie a capodanno, fortuna tutto l’anno!
[1] Genesi 25, 29-34.
[2] Plinio il Vecchio, Storia naturale, Libro XVIII, 31: invenio apud auctores aequanimitatem fieri vescentibus ea, “trovo negli autori che le lenticchie danno uguaglianza di temperamento a chi le mangia” e Libro XXII, 70.
[3] Apicio, Le arti culinarie, libro V, capitolo 2: lenticchie con fondi di cardo (183), lenticchie con castagne (184), un’altra ricetta di lenticchie (185).
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