I Saturnali sotto lo sguardo critico di Luciano

Tradotto dal francese


Il lusso alla romana, immaginato dal pittore italiano Roberto Bompiani (1875).

Luciano ha la verve pungente e la satira mordente. Nato verso il 120-125 della nostra era a Samosata, sulle rive dell’Eufrate nell’attuale Turchia sud-orientale, è oggi volentieri presentato come una delle grandi figure dello spirito critico. Il suo percorso è sorprendente: proveniente da una famiglia modesta di cultura greca, scalò i gradini della società imperiale al punto che una tradizione – fondata su alcune allusioni disseminate nei suoi stessi scritti – gli attribuisce, a fine vita, una carica amministrativa ben remunerata in Egitto, sotto i regni di Marco Aurelio o di Commodo.

Nel suo dialogo I Saturnali, Luciano offre una riflessione satirica su questa festa romana celebrata dal 17 al 23 dicembre in onore di Saturno. Durante questi pochi giorni, l’ordine sociale sembra invertirsi: i padroni servono i loro schiavi, la libertà di parola è totale, ci si scambiano doni e si banchetta senza freni. Attraverso scambi fittizi, Luciano mette in luce i paradossi sociali che accompagnano questa parentesi rituale. Ricchi e poveri, padroni e schiavi, sono al centro di un’interrogazione acuta sulle disuguaglianze e sui valori etici dissimulati dietro le festività.

Un dialogo tra Saturno e Cronosolo

Il dialogo mette in scena tre voci: quella del sacerdote Cronosolo, portavoce dei poveri, quella di Saturno in posizione di arbitro impotente, e quella dei ricchi arroccati sui loro privilegi.

Sin dall’apertura, Cronosolo si rivolge direttamente al dio. Il suo appello è senza giri di parole: chiede il ristabilimento dell’età dell’oro ormai tramontata, quella del regno di Saturno. Con Giove al comando, tutto va storto:

«Se talvolta esaudisce i voti di un mortale e gli accorda la ricchezza, agisce senza discernimento; disdegna le persone virtuose e sagge, per arricchire scellerati, pazzi, androgini che meritano la frusta.»

Cronosolo dipinge con nostalgia l’epoca mitica di Saturno:

«Tutto cresceva allora senza cure e senza coltura: niente spighe, ma il pane già preparato e le carni già cotte; il vino scorreva a fiumi; si avevano fontane di latte e di miele; tutti erano buoni e d’oro.»

Il sacerdote insiste sul contrasto insostenibile tra l’opulenza degli uni e la precarietà degli altri:

«Troviamo insopportabile che un uomo, disteso su tappeti di porpora, traboccante di delizie e proclamato beato dai suoi intimi, passi la vita in una festa perpetua, mentre i miei simili e io pensiamo, persino nel nostro riposo e nei nostri sogni, ai mezzi per guadagnare quattro oboli per farci una cena di pane, di polenta condita con crescione, porro, timo o cipolle, prima di andare a coricarci.»

Saturno non è un vecchio e la sua falce è affilata… (Affresco di Pompei).

Ma l’età dell’oro appartiene ormai al passato. Saturno, impotente di fronte a Giove, può regnare solo durante i pochi giorni dei Saturnali, dove le gerarchie sono sospese e gli eccessi incoraggiati. Al di là, non può fare nulla. O quasi. Acconsente a scrivere ai ricchi:

«I poveri mi hanno scritto recentemente per accusarvi di non far loro parte di ciò che possedete, e mi chiedono di rimettere tutti i beni in comune, affinché ciascuno ne abbia una porzione uguale.»

Tuttavia, Saturno riduce immediatamente la portata di questa richiesta. Nostalgico del suo regno passato, può solo sistemare simbolicamente l’ordine gioviano che disapprova. Il suo appello alla condivisione si limita a «piccoli doni» che non intaccano la struttura delle disuguaglianze. Reclama solo una condivisione simbolica, sufficiente a calmare le frustrazioni:

«[I poveri] promettono che, se agirete così, non contesteranno i vostri beni davanti a Giove; altrimenti, minacciano di chiedere una nuova ripartizione delle ricchezze alla prima udienza che Giove darà. (…) Fate dunque in modo che in seguito i poveri non abbiano più da lamentarsi di voi, ma che vi onorino e vi amino in ragione di questi piccoli doni, la cui spesa vi sarà poco sensibile, e che, dati a proposito, vi varranno una riconoscenza eterna.»

Luciano ne fa una figura di compromesso, forse a immagine di quegli intellettuali del suo tempo che, come lui, si muovono tra critica sociale e inserimento nell’ordine imperiale.

La risposta tagliente dei ricchi

I ricchi, offesi, respingono queste rivendicazioni con disprezzo:

«Credi dunque, Saturno, che sia solo a te che i poveri hanno scritto queste sciocchezze?»

Segue un’argomentazione tagliente. Innanzitutto, i ricchi danno già un po’ del loro superfluo. Nessuno ha seriamente fondamento per lamentarsi. Andare oltre rischierebbe, secondo loro, di alimentare l’ingratitudine e la dissolutezza dei poveri. Invitati ai banchetti, questi ultimi, accusano, si comportano male:

«Dopo aver vomitato per tutta la sala, inveiscono contro di noi, e vanno a dire ovunque che li abbiamo fatti morire di fame e di sete.»

Proseguono:

«Tu [Saturno] non avrai più alcun rimprovero da farci, non appena vorranno essi stessi compiere i loro doveri.»

Inversione della colpa. Sipario sulla buona coscienza dei ricchi.

Gli abbienti dispiegano qui una retorica classica di giustificazione delle disuguaglianze: si presentano come generosi donatori già sufficientemente virtuosi, accusano i beneficiari d’ingratitudine, e sottintendono che la povertà sarebbe una forma di manchevolezza morale. Questo discorso, Luciano lo conosce bene: risuona in tutta la letteratura antica, dai filosofi stoici ai moralisti romani. Mettendolo in scena con tanta crudezza, il satirista ne rivela tutto il meccanismo.

Nel suo dialogo, Luciano insiste sul carattere effimero della «libertà» offerta agli oppressi durante i Saturnali. Suggerisce che la generosità dei ricchi durante questi giorni non è che un mezzo per mascherare la loro cupidigia e il loro sfruttamento abituale. Una valvola di sfogo sociale che non fa che perpetuare l’ordine ineguale delle cose.

Attenti al colpo di falce!

Luciano di Samosata, secondo un’incisione di William Faithorne (Inghilterra, XVII secolo),

Ma attenzione, avverte Luciano, Saturno non è solo un simbolo bonario. Il personaggio creato da Luciano, Cronosolo, è incaricato in quanto sacerdote di Saturno di emanare le leggi che si applicano durante i Saturnali. I trasgressori si espongono alla collera della divinità che, contrariamente alle rappresentazioni dei pittori e dei poeti, non è un vecchio indebolito, precisa Luciano. Si tratta di un uomo vigoroso, che tiene nella sua mano una falce ben affilata, quella stessa che ha utilizzato per evirare suo padre Urano. Allora attenzione! Ecco la prima delle leggi:

«Nessuno, durante la festa, dovrà occuparsi di affari politici o privati, eccetto quelli che hanno per scopo i giochi, la buona tavola e i piaceri: solo i cuochi e i pasticceri avranno da fare.

Uguaglianza per tutti, schiavi o liberi, poveri o ricchi.

Divieto assoluto di arrabbiarsi, di mettersi in collera, di fare minacce. Niente conti amministrativi durante i Saturnali.

Non si richieda a nessuno né denaro né abiti. Niente scrittura durante la festa. Chiusura delle palestre durante i Saturnali; niente esercizi né declamazioni oratorie, salvo i discorsi spirituali, gioiosi, conditi di motteggi e di scherzi.»

Queste leggi disegnano un’utopia temporanea: qualche giorno di licenza controllata, di uguaglianza di facciata e di parola liberata. Ma è proprio il loro carattere limitato che fa stridere la penna di Luciano.

Una satira senza illusioni

Attraverso questo dialogo caustico, Luciano smonta i meccanismi di una festa che pretende di abolire le gerarchie pur riproducendole. I Saturnali appaiono come una parentesi necessaria al mantenimento dell’ordine sociale: bastano pochi giorni per placare le tensioni senza cambiare nulla nella sostanza. La critica è tanto più mordente in quanto emana da un uomo che ha egli stesso scalato i gradini di questa società inegualitaria.

Luciano non propone alcuna rivoluzione. Osserva, con l’ironia del satirista, che l’età dell’oro di Saturno resterà per sempre una nostalgia letteraria, e che Giove regna sovrano su un mondo dove le leggi della festa non cambiano nulla alle leggi della fortuna. La falce di Saturno fa paura per la durata di un banchetto, ma non taglia nulla di essenziale.

Fonte

  • Luciano di Samosata, I Saturnali, testo integrale in traduzione francese. Testo greco.
  • Testo greco della prima legge: νόμοι πρῶτοι μηδένα μηδὲν μήτε ἀγοραῖον μήτε ἴδιον πράττειν ἐντὸς τῆς ἑορτῆς ἢ ὅσα ἐς παιδιὰν καὶ τρυφὴν καὶ θυμηδίαν, ὀψοποιοὶ μόνοι καὶ πεμματουργοὶ ἐνεργοὶ ἔστωσαν. ἰσοτιμία πᾶσιν ἔστω καὶ δούλοις καὶ ἐλευθέροις καὶ πένησι καὶ πλουσίοις. ὀργίζεσθαι ἢ ἀγανακτεῖν ἢ ἀπειλεῖν μηδενὶ ἐξέστω. λογισμοὺς παρὰ τῶν ἐπιμελουμένων Κρονίοις λαμβάνειν μηδὲ τοῦτο ἐξέστω. μηδεὶς τὸν ἄργυρον ἢ τὴν ἐσθῆτα ἐξεταζέτω μηδὲ ἀναγραφέτω ἐν τῇ ἑορτῇ μηδὲ γυμναζέσθω Κρονίοις μηδὲ λόγους ἀσκεῖν ἢ ἐπιδείκνυσθαι, πλὴν εἴ τινες ἀστεῖοι καὶ φαιδροὶ σκῶμμα καὶ παιδιὰν ἐμφαίνοντες.

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Dicembre 2025.


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