Gioco delle cinque linee
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Storia

Il Pente grammai (πέντε γραμμαί, «le cinque linee») conta tra i più antichi giochi da tavolo della Grecia antica, le cui origini risalgono ben oltre quello che suggeriscono le prime menzioni letterarie. Le scoperte archeologiche più antiche, portate alla luce ad Anagyros in Attica, datano al 7° secolo prima della nostra era e testimoniano l’antichità di questa pratica ludica nel mondo greco.
Dai templi ai vasi di Exekias
La diffusione geografica del gioco era considerevole, come attestano i numerosi tavolieri scoperti su diversi siti della Grecia antica. Questi tavolieri, costituiti da cinque linee parallele ornate di cerchi alle estremità, erano talvolta incisi direttamente nei pavimenti dei templi, suggerendo una dimensione sacra o rituale che superava il semplice divertimento. Questa pratica rivela l’importanza culturale accordata al gioco nella società greca e la sua integrazione negli spazi religiosi.
La prima menzione letteraria conosciuta risale ad Alceo di Mitilene, verso 600 prima della nostra era. Questo poeta lirico di Lesbo evoca il gioco nelle sue opere (frammento 351 Voigt), stabilendo così il suo ancoraggio nella cultura aristocratica arcaica e il suo valore simbolico per le élite dell’epoca. Il gioco trova anche un’eco in Teocrito nelle sue Idilli (6, 15-19), testimoniando la sua persistenza nella letteratura greca. Questi riferimenti precoci mostrano che il Pente grammai era già sufficientemente diffuso e codificato per essere oggetto di allusioni letterarie e metaforiche.
L’iconografia ci offre una testimonianza particolarmente ricca con le numerose rappresentazioni sui vasi attici datati intorno al 500 prima della nostra era. Più di 160 esemplari conservati mostrano gli eroi Aiace e Achille assorti in una partita del gioco durante l’assedio di Troia. La più celebre di queste opere, attribuita al pittore Exékias verso 540-530 prima della nostra era e conservata in Vaticano, illustra perfettamente l’associazione tra il gioco e i valori eroici dell’aristocrazia guerriera. Questa iconografia ricorrente dimostra che il Pente grammai era percepito come un attributo degno dei più grandi eroi, rivelando la sua dimensione simbolica nella costruzione dell’ideale aristocratico greco.
Quando spostare un pezzo diventava proverbio
La descrizione più completa e sistematica ci perviene dal grammatico Giulio Polluce nel 2° secolo della nostra era, nel suo Onomasticon. Polluce scrive precisamente: «sulle cinque linee da ciascun lato, c’era una linea di mezzo chiamata la linea sacra. E spostare un pezzo già arrivato là dava luogo al proverbio ‘sposta il pezzo dalla linea sacra’.» È rivelatore che Polluce non nomini esplicitamente il gioco, limitandosi a descriverlo come un elemento storico, il che suggerisce che alla sua epoca, la pratica era già scomparsa dagli usi contemporanei.
La terminologia utilizzata da Polluce, in particolare la designazione di «linea sacra» (ἱερὰ γραμμή) per la posizione centrale, rivela l’importanza rituale o simbolica accordata a questo posizionamento strategico. Questa sacralizzazione dello spazio di gioco si iscrive in una concezione greca più ampia dove le attività ludiche partecipano di un ordine cosmico e religioso, superando la semplice dimensione ricreativa.
L’espressione proverbiale tratta dal gioco conobbe una fortuna nella letteratura greca antica. Spostare un pezzo dalla linea sacra era diventato metaforico di una decisione audace e rischiosa, poiché avere tutti i propri pezzi su questa linea centrale costituiva normalmente l’obiettivo del gioco. Secondo l’analisi moderna di Stephen Kidd, questo movimento rappresentava una strategia rara e aggressiva, il che spiega perché l’espressione perdurò ben oltre la scomparsa del gioco stesso per designare ogni atto che implichi un sacrificio calcolato in vista di un vantaggio superiore.
I meccanismi di gioco, come possono essere ricostruiti a partire dalle fonti disponibili, implicavano due giocatori che spostavano ciascuno cinque pezzi sul tavoliere, probabilmente in senso antiorario. La vittoria spettava verosimilmente al primo giocatore che riusciva a riunire tutti i suoi pezzi sulla linea sacra. Il gioco si praticava con uno o due dadi, benché le modalità esatte di avanzamento rimangano incerte. Il numero di linee non era necessariamente limitato a cinque, e le varianti che comportavano più linee si accompagnavano probabilmente a un numero proporzionale di pezzi per giocatore. All’epoca romana, la disposizione del tavoliere si evolse per consistere in due file di cinque caselle, riflettendo un adattamento del gioco ai gusti e alle pratiche ludiche di questo periodo.
In assenza di regole complete trasmesse dalle fonti antiche, diverse ricostruzioni erudite sono state elaborate, in particolare da Ulrich Schädler e Stephen Kidd. Questi lavori si basano sull’insieme delle testimonianze disponibili, dalle menzioni di Alceo e di Teocrito fino ai commenti tardivi di Eustazio Macrembolite sull’Odissea nel 12° secolo (1396, 61; 1397, 28), passando per l’analisi comparativa di altri giochi da tavolo antichi che presentano strutture simili.
La versione ricostruita qui, centrata sull’obiettivo di riunire i propri pedoni sulla linea sacra, rappresenta così la sintesi più coerente dei dati storici e archeologici di cui disponiamo.
Preparazione
5 pedine per persona / 1 dado
Il tavoliere di gioco si compone di cinque linee parallele. Quella di mezzo è chiamata «linea sacra» ed è divisa in due da un cerchio.
Le pedine dei protagonisti sono situate fuori dal tavoliere di gioco. Entreranno dall’estremità destra della linea A per uno, dall’estremità sinistra della linea B per l’altro. I cerchi in fondo alle linee sono le caselle dove si posizionano le pedine. Queste ultime girano nel senso indicato sullo schema dalle frecce blu.
Scopo del gioco
Ogni protagonista deve far entrare le sue cinque pedine sul tavoliere di gioco, poi riuscire a posizionarle sulla parte della «linea sacra» situata dal lato del suo avversario. La prima persona che ci riesce ha vinto.
Svolgimento della partita
I protagonisti tirano a sorte chi inizia.
La giocatrice o il giocatore di cui è il turno tira il dado, poi avanza una pedina del numero di caselle corrispondente rispettando le seguenti regole:
- ogni casella (cerchio) può contenere una sola pedina;
- le pedine possono saltare sopra le caselle occupate;
- l’introduzione delle pedine sul tavoliere ha priorità sull’avanzamento delle pedine già impegnate. Se il valore del dado non permette di far entrare una nuova pedina sul tavoliere, un’altra pedina deve essere spostata;
- quando uno spostamento è possibile, la giocatrice o il giocatore è obbligato a effettuarlo;
- se nessun movimento è possibile, la giocatrice o il giocatore passa il suo turno.
- Quando una pedina può spostarsi fino a una casella occupata da una pedina avversaria, questa pedina è «mangiata» e uscita dal gioco. La giocatrice o il giocatore interessato dovrà reintrodurla prioritariamente. Solo le pedine posizionate sulla «linea sacra» sono al riparo da una cattura.
Le pedine che arrivano sulla casella che è in fondo alla «linea sacra» possono essere «santificate» su di essa.
Variante
Una variante –che allunga il tempo di gioco– può essere introdotta:
- Se nessun movimento è possibile, una giocatrice o un giocatore deve far uscire una pedina dalla «linea sacra» per rimetterla in circolazione sul tavoliere (a partire dalla casella d’entrata e nello stesso senso delle altre pedine).
In più
- Giocare online al Pente grammai, sul sito di Locus Ludi, progetto di ricerca europeo.
- L’articolo riguardante il gioco su Jocari, sito francofono di riferimento. Vi si trovano tuttavia regole di gioco molto diverse da quelle presentate qui.
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